Perché sì, il romance è il genere delle storie d’amore confezionate come scatole di cioccolatini: sai già che dentro troverai sempre una pralina al liquore e un cuore fondente. Ma non illudiamoci: la vita non è un continuo happy ending con tramonti e carezze al chiaro di luna.
Quello che mi fa sorridere (o meglio, ridere amaro) è la prevedibilità: lui incontra lei, ostacolo, dramma, malinteso, e poi… ta-dah: lieto fine. Se così fosse davvero, gli psicologi sarebbero disoccupati e le farmacie venderebbero solo cerotti per le sbucciature alle ginocchia.
Eppure, il romance vende, eccome se vende. Perché ci piace l’illusione, ci piace farci raccontare che l’amore guarisce tutto, anche le ferite che nella realtà spesso restano aperte. È un po’ come bere spritz: sai che è pieno di zucchero e bollicine, ma intanto lo ordini lo stesso.
Personalmente, preferisco le storie che sporcano le mani, che parlano di amori sbagliati, tossici, complicati. Perché l’amore vero non sempre salva: a volte ti distrugge, altre ti costringe a ricostruirti da zero. E questa, signori miei, è narrativa che non mente.
E allora lasciamoli pure agli altri i principi azzurri e i tramonti perfetti. Io mi tengo stretti i libri che graffiano, che non addolciscono nulla e che ti lasciano con la sensazione di aver vissuto davvero, anche solo per la durata di un romanzo.
Perché la vita non è un romance. E per fortuna.
📌 Se cerchi zucchero filato e lieto fine, cambia scaffale. Qui si serve solo caffè amaro, bollente e senza sconti.
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